Mayo Clinic: l’importanza dei social network per la ricerca sulle malattie rare

Febbraio 6, 2012 in Case Studies di Oscar Lambrughi

Se trovi interessante questo articolo, iscriviti alla Newsletter mensile di Digital Pharma.
Lascia l’indirizzo email nel box a destra e sarai sempre aggiornato sul mondo del marketing e della comunicazione farmaceutica.

La Mayo Clinic  è un’organizzazione no-profit statunitense per la pratica e la ricerca in campo medico, specializzata nella cura di pazienti con malattie gravi o rare. Il sistema della Mayo Clinic è costituito da più di 70 cliniche e ospedali, centri di ricerca e da diverse facoltà di medicina, tra cui l’omonima Mayo Medical School.

Social networking pharmaTradizionalmente vi sono due metodologie di ricerca in campo medico: “investigator-initiated” e “industry-initiated”. Nella prima il ricercatore che identifica il problema clinico irrisolto e sviluppa le sue ipotesi, necessita di un’approvazione preventiva e di un appoggio finanziario, mentre nella seconda la ricerca viene stimolata e finanziata dalle stesse aziende farmaceutiche. La difficoltà insita nella metodologia “investigator-initiated”, che viene spesso considerata disinteressata e libera da conflitti d’interesse, è appunto la fase di approvazione dello studio.

Il fattore chiave per l’approvazione e il finanziamento è la fattibilità, infatti, nel caso di esperimenti clinici, il successo dello studio dipende quasi totalmente dall’adeguato reperimento dei soggetti. Conseguentemente, nel caso di malattie rare in cui non vi è una garanzia della possibilità di reperire un numero sufficiente di soggetti, è improbabile che lo studio continui e passi la fase di approvazione. Identificare e reclutare un numero adeguato di soggetti affetti da una malattia rara è una sfida ambiziosa e nessun singolo centro medico di ricerca, nemmeno il più evoluto, ha l’esperienza necessaria e/o il volume di pazienti richiesto per iniziare a svolgere una ricerca significativa.

Tuttavia un paziente a cui viene diagnosticata una malattia rara o poco studiata è naturalmente predisposto alla ricerca di informazioni riguardo al suo stato di salute. La frustrazione derivante dalle cure inconsistenti proposte dai medici e dal fatto che questi ultimi non abbiano dati a disposizione per guidare le proprie raccomandazioni sono elementi chiave che fanno sì che siano i pazienti stessi a crearsi autonomamente un progetto di ricerca, cercando online informazioni e supporto di altri malati.

Il seguente case study è volto dunque ad illustrare le potenzialità di un terzo tipo di metodologia di ricerca. La ricerca “patient-initiated” o stimolata dagli stessi pazienti, in concomitanza con il potenziale di aggregazione dei social network, si rivela infatti fondamentale per la ricerca sulle malattie rare.

Di cosa si tratta

La dissezione spontanea coronarica  o Sponteneous Coronary Artery Dissection (SCAD) è una malattia rara e poco studiata che sembra affliggere in particolar modo le donne. Le arterie coronarie sono costituite da tre strati e la dissezione avviene quando due di questi strati si separano, lasciando scorrere il sangue nello spazio creatosi fra gli strati. Il conseguente accumulo di sangue può comportare un’ostruzione del normale flusso sanguigno nel cuore causando dolore al petto, infarto e morte repentina.

Nell’ottobre del 2009, una cardiologa della Mayo Clinic, la dottoressa Sharonne Hayes, viene avvicinata da una donna affetta da SCAD e insieme decidono di provare a condurre uno studio. L’occasione dell’incontro fra queste due donne fu il congresso annuale della WomenHeart , un’associazione americana votata a migliorare le condizioni di vita delle donne affette da malattie cardio-vascolari, tenutosi proprio presso la Mayo Clinic.

Mayo Clinic: case study

Katherine Leon ha avuto il suo primo attacco di SCAD a 38 anni ed è stata rimandata a casa dai medici dell’ospedale che non avevano capito quale fosse la sua condizione. Frustrata dai continui consulti medici senza esito, ha deciso di iniziare una ricerca online per scoprire di più in merito al suo stato di salute. Una semplice ricerca di informazioni si è trasformata negli anni in un vero e proprio database in cui Katherine raccoglieva le testimonianze che altre donne affette postavano sulla comunità online di WomenHeart. Nel 2009, dopo vari tentativi, riesce a partecipare alla conferenza dell’associazione dove incontra la dottoressa Hayes, la quale decide di aiutarla proponendo una ricerca alla Mayo Clinic.

Obiettivi del progetto

L’obiettivo dei ricercatori della Mayo Clinic era quello di verificare la fattibilità e l’efficacia di un nuovo metodo di identificazione, recruitment e esaminazione (retrospettiva e prospettiva) di pazienti affetti da malattie rare.

Fondamentale è dunque documentare come l’utilizzo del canale web possa essere molto importante nel raccogliere le cartelle cliniche di questi pazienti che, data appunto la rarità del loro stato di salute, sono localizzati in aree geografiche molto lontane fra di loro.

Implementazione e strategia

Lo studio pilota è stato approvato nel marzo 2010 e stabiliva che venissero coinvolte 12 persone affette da SCAD.
L’obiettivo dello studio era quello di verificare la fattibilità della creazione di un registro virtuale di pazienti affetti da SCAD a partire dal reclutamento via social network per raccogliere e analizzare le loro cartelle cliniche.

Una settimana dopo l’approvazione, ancora prima che vi fosse una comunicazione ufficiale della Mayo, vi erano già 18 volontarie per lo studio che avevano risposto ad un post informale di Katherine all’interno del gruppo di supporto online . Di fatto dunque la ricerca “attiva” di partecipanti non è stata necessaria e ciò dimostra la possibilità di sviluppare ricerche collaborative con i membri, anche internazionali, dei social network dedicati a specifiche malattie. Infatti è stata sorprendente la velocità con cui i membri del gruppo si sono attivati per richiedere i moduli di partecipazione direttamente alla Mayo Clinic.

Risultati e applicazioni future

Il successo di questo studio pilota ha portato i ricercatori a ipotizzare che lo stesso modello di reperimento possa essere applicato ad una ricerca che coinvolga non solo più pazienti affetti da SCAD, ma più in generale, anche ad altri pazienti affetti da malattie rare . Inoltre, sempre come conseguenza del successo del progetto, la Mayo Clinic sta attualmente conducendo due ricerche parallele sulla SCAD. La prima ha come obiettivo quello di costruire un database di pazienti affetti da SCAD per cercare di identificare schemi ricorrenti che potrebbero guidare ricerche future. La seconda invece punta a creare una biobanca di campioni di sangue dei malati di SCAD e dei loro parenti più stretti in modo tale da poter evidenziare se vi siano particolari fattori genetici ritenuti responsabili della malattia.

Punti chiave e riflessioni finali

I risultati di questo studio pilota suggeriscono dunque che l’utilizzo di strumenti di social networking possono stimolare l’azione della comunità e che l’energia e l’impegno dei pazienti affetti possono vincere l’inerzia e ridurre i costi di creazione dei registri. L’eccezionale motivazione e concentrazione dei pazienti affetti da malattie poco studiate, in concomitanza con la struttura organizzativa specifica di un sito di social networking, può significativamente migliorare la tempestività e l’economicità della ricerca di tali malattie.

I 6 fattori critici di successo del progetto

Secondo un’analista della Rebar Interactive , un’agenzia specializzata nel reperimento di pazienti per gli esperimenti scientifici, il successo del progetto della Mayo Clinic è dovuto principalmente a:

  1. Ricerca focalizzata su una malattia rara.
    Data la scarsità di informazioni sulla SCAD, i pazienti affetti sono più propensi a divenire “online health information seeker”, ovvero persone che frustrate dalla mancanza di supporto da parte del loro medico e della loro comunità, ricercano informazioni sul loro stato di salute e partecipano attivamente a gruppi di supporto su social network dedicati.
  2. Popolazione di pazienti concentrata e organizzata.
    La fase di recruitment di pazienti per l’esperimento pilota è stata facilitata dal fatto che i partecipanti al gruppo di supporto online sulla SCAD era costituito da 70 donne , il doppio del numero di persone incluse nel più vasto studio esistente sulla malattia.
  3. Ricerca patient-initiated e sentimento di compartecipazione al successo.
    Dato che la ricerca era scaturita dall’interesse dimostrato dai pazienti, anche il successo dell’esperimento veniva ricondotto alla loro partecipazione attiva. Infatti, ancora prima che ci fosse una comunicazione ufficiale della clinica, il messaggio era divenuto “virale” e aveva già suscitato interesse.
  4. Fattori demografici favorevoli al recruitment online via social media.
    Le principali ricerche sulle caratteristiche demografiche delle persone che ricercano attivamente informazioni online dimostrano che le donne di età compresa tra 18 e 49 anni sono più attive online e maggiormente recettive rispetto al canale dei social media. Di conseguenza, lo studio dimostra come sia necessario studiare le caratteristiche della popolazione di pazienti per poter capire meglio quale sia il mezzo di comunicazione maggiormente adatto al loro coinvolgimento.
  5. Reputazione diffusa e positiva della Mayo Clinic.
    Dato che la prima comunicazione online diffusasi è stata una comunicazione non ufficiale e sul sito della Mayo non vi erano ancora informazioni riguardo allo studio, 3 partecipanti allo studio pilota (il 25%) hanno voluto che il proprio medico contattasse la Mayo per verificare la legittimità dell’iniziativa. Questo indica che, nel caso della Mayo Clinic, la reputazione positiva di cui vantava ha fatto sì che venisse legittimata l’informazione reperita autonomamente online. Quanto verificatosi nello studio suggerisce dunque che l’informazione debba essere legittimata prima di diventare virale sul web.
  6. Mancanza di impedimenti di tipo geografico.
    Per partecipare allo studio, ai pazienti veniva richiesto di inviare delle informazioni (cartelle cliniche e questionari completatati) che non richiedevano la vicinanza geografica al centro di ricerca. Nel caso in cui si volesse replicare il progetto di recruitment via social media, ma vi sia necessità che i partecipanti si rechino di persona nella struttura di ricerca, occorre verificare preventivamente l’allineamento della posizione dei propri centri di ricerca con il target geografico degli utenti del social network che si vogliono coinvolgere.